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I trent’anni del Celtic Druid Pub: “Così ho portato l’Irlanda a Bologna”

Bologna, 10 giugno 2025 – “Facendo una stima, potrei dire che in trent’anni al Celtic Druid abbiamo spillato 750mila pinte di birre“. Un numero esorbitante, quello snocciolato da Massimo Zucchini, fondatore del Celtic Druid Irish Pub di via Caduti di Cefalonia 5/c, storico locale bolognese che giovedì festeggerà i 30 anni di attività, con una serata speciale di musica irlandese e brindisi. Insieme a lui, fin dall’inizio dell’avventura, anche Gianfranco Commissari; negli anni si sono aggiunti Lorenzo Musci e Chrysanthos Apostolakis.

Zucchini, com’è nato questo locale?

“Tutto è iniziato con una birreria in via Mascarella, ma è stato l’incontro con la Guinness e con i prodotti irlandesi a cambiare tutto. Fino agli anni Novanta, in Italia, le birrerie esistenti erano legate al modello tedesco, stile Monaco: tavoli lunghi, atmosfera formale. Il pub irlandese, invece, è un mondo a parte, e mi ha conquistato. Ti permette di muoverti, parlare, vivere lo sport e la musica all’interno del locale. In sostanza, è un luogo in cui stai bene, in cui ti senti a casa. A patto che ti piaccia la birra, naturalmente, e in particolare la Guinness: nera, ’sgasata’, con sentori di caffè. Un format che ha funzionato”.

Quali caratteristiche volevate dare al vostro locale?

“Volevamo che fosse un pub autentico, irlandese fino al midollo. Ci voleva un’immagine forte, un’identità: abbiamo importato tutto dall’Irlanda, mobilio incluso, che venne scaricato con i tir. A Bologna siamo riusciti a integrarlo in città, con uno zoccolo duro di clienti affezionati che dura tutt’ora. Ci sono persone che si sono conosciute qui, e oggi ci vengono i loro nipoti. Il nostro format è vincente: musica bassa, si può parlare, socializzare. È diventato un luogo di passaggio obbligato, soprattutto il venerdì e il sabato, quando restiamo aperti fino alle tre. Anche gente che lavora in altri locali e che, una volta finito il turno, ha bisogno di decompressione”.

Di vip ne avrete conosciuti tanti…

“Ne sono passati e ne passano molti, ma la bellezza del pub è proprio che non fa differenze. Il Celtic Druid è un posto dove anche chi è famoso viene per bere una birra senza essere disturbato. Non è una vetrina, è come casa. Un luogo informale, dove tutti si sentono a proprio agio. Proprio quello che ho sempre voluto”.

I locali che tengono aperti fino a tardi sono sempre meno. Muore la tradizione dei ‘biassanot’?

“In effetti non c’è stato un momento in cui, di sera, ci si sente meno sicuri, il più critico da che io ricordi. Noi resistiamo, e continuiamo a essere aperti 364 giorni l’anno, solo a Capodanno abbassiamo le serrande”.

Come è andata con il boom del Bologna calcio, quest’anno?

“Gli eventi sportivi funzionano sempre, l’altra sera con Sinner-Alcaraz eravamo pieni: la gente cerca ancora un posto dove vivere certe emozioni in compagnia. Tantissimi, poi, si presentano durante le partite e ci dicono: ’Vedere il match a casa era una tale tristezza…’ La vittoria condivisa è tutta un’altra cosa”.

Com’è cambiata Bologna in questi anni?

“Il turismo ha cambiato tutto: ci sono sempre più visitatori e stranieri e sempre meno studenti. Ma la clientela storica bolognese è rimasta: c’è una certa affezione. Certo, muoversi in città con questi cantieri è più complicato”.

Cosa succederà il 12 giugno?

“Oltre ai concerti di due band (si comincia alle 20, ndr), avremo una spillatura speciale di una golden ale creata appositamente per l’occasione e stiamo creando un un archivio fotografico digitale, raccogliendo migliaia di foto”.

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